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LA CRISI DELL’INDUSTRIA MERCURIFERA

MUSEO - SALA 4

LA CRISI DELL’INDUSTRIA MERCURIFERA

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Già negli anni '20 si ebbe una prima crisi che portò alla chiusura di alcune miniere. Molti minatori furono costretti a migrare nelle miniere maremmane di Niccioleta, Gavorrano e Ribolla. Durante la Seconda guerra mondiale, la grande richiesta di mercurio per la produzione di materiale bellico ne risanò in parte il mercato, ma nel Dopoguerra, alla diminuzione della domanda, seguirono nuovi scioperi e occupazioni.
I decenni successivi furono caratterizzati dalla crisi del settore, a causa della quale sorsero forti tensioni tra le società e le organizzazioni dei minatori, sempre più combattive e decise a difendere i posti di lavoro, rivendicando al contempo migliori condizioni contrattuali.
Nel 1958 gli impianti del Siele-Solforate, nonché le miniere dell'Argus e di Cerretopiano, a Scansano, furono occupati. Le maestranze si opponevano alla decisione delle Società minerarie di abolire il cottimo collettivo, che rappresentava la metà della paga mensile dei minatori. La protesta degli occupanti, anche grazie all'abolizione della tassa sulle bombole, ottenne il risultato sperato: il cottimo collettivo fu ripristinato.
Sempre nel 1958, la Società Monte Amiata preparò un piano che prevedeva la riduzione dell'attività estrattiva nella miniera di Abbadia San Salvatore, la chiusura della miniera del Morone e il licenziamento di 1200 dipendenti. Si arrivò così all'occupazione della miniera di Abbadia San Salvatore, dove furono comunque licenziati 119 fra minatori e impiegati.
Il 20 maggio 1969 gli operai occuparono simbolicamente la miniera di Bagnore, chiedendo l'applicazione di un cottimo da aggiungere alla paga contrattuale. Ricevettero però un mandato di comparizione davanti all'autorità giudiziaria per aver impedito lo svolgersi delle attività lavorative. Nonostante ciò non furono presi provvedimenti a loro carico e fu invece accordato un aumento della paga.

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